Isis: i (troppi) rischi che corre la Sicilia

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di Salvo Barbagallo

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L’allarme viene dalla Francia lanciato dal ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian in televisione: “I miliziani dell’Isis che si possono nascondere tra i migranti che viaggiano dalla Libia a Lampedusa rappresentano un grande rischio per l’Europa”. Il ministro francese scopre un pò l’acqua calda, ma forse ne è consapevole in quanto il suo “avvertimento” probabilmente ha soltanto lo scopo di sottolineare che c’è il bisogno “urgente” di una soluzione politica in Libia dove l’Isis si sta stabilendo. Jean-Yves Le Drian afferma, infatti che “la Libia mi preoccupa dal settembre 2014. Sono lì, a 350 km dalla costa europea”, e gli jihadisti si stanno espandendo, e osserva che Lampedusa è a 350 chilometri dalle coste della Libia e “quando sul Mediterraneo c’è bel tempo, c’è il rischio che possano fare la traversata, mescolandosi ai migranti”.

Lampedusa, sbarco immigrati clandestini dalla Tunisia
Lampedusa, sbarco immigrati clandestini dalla Tunisia

La situazione di “rischio” che vive la Sicilia è stata messa in luce da tempo, anche se il ministro dell’Interno Angelino Alfano inizialmente l’ha sottovalutata, per poi doversi ricredere e ammettere che il pericolo poteva esserci. Non è soltanto Lampedusa a costituire una inesistente frontiera con l’altra sponda del Mediterraneo, ma l’intera costa a sud della Sicilia, là dove avvengono gli sbarchi o là dove vengono trasportati i fuggitivi che si riescono a salvare prima che i barconi sprofondino nelle acque profonde del Canale. E il pericolo non è costituito da coloro che fuggono dalle guerre che si combattono nelle loro patrie, ma da quanti possono, appunto, infiltrarsi fra i disperati in cerca di un approdo sicuro. Il problema è, dunque, nella loro identificazione nel momento dell’accoglienza, e il “sistema” in atto non può considerarsi di certo “efficiente”.

Dopo l’accoglienza moltissimi migranti/profughi si trasformano in fantasma che eludono qualsiasi controllo, e ad esempio valgono i diecimila bambini letteralmente scomparsi, dei quali non c’è traccia, quasi sicuramente finiti fra le braccia dei malavitosi che li sfrutteranno. l’Italia è il Paese che controlla di meno i movimenti degli immigrati, anche perché molti dei rifugiati hanno interesse a fare perdere le proprie tracce. Il loro obiettivo è andare a Nord in luoghi come la Svezia, che concede asilo ai minori subito dopo averli identificati o in Gran Bretagna, che ha appena deciso di accogliere più minori dalle zone di guerra.

mig1La Sicilia, fortemente presidiata militarmente (per una guerra prossima ventura), mostra il suo fianco debole sulla questione dell’immigrazione: le carenze sui controlli sono note. Allo stato attuale (per quanto risulta) non c’è un censimento completo delle presenze straniere nell’Isola e, fra l’altro, il delicato compito non è chiaro chi dovrebbe assolverlo. Non si tratta, pertanto, di un problema di “integrazione” o di semplice “accoglienza” dei fuggitivi: gridare, quindi, “al lupo, al lupo” serve poco se non vengono adottate soluzioni adeguate.

Il punto focale resta la Libia ancora immersa nel caos con l’avanzata delle milizie jihadiste che diventa ogni giorno più temibile. Allarma anche la notizia che i militanti del Califfato nero hanno sottratto gas Sarin da un complesso di Tripoli e inviato parte delle componenti per creare il gas nervino in Sirte a bordo di mezzi da carico. In questo scenario, come evidenziato in altri articoli, la Sicilia è il primo territorio d’Europa più esposto alla minaccia jihadista.

 

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